di Ludovico Malorgio*
Ho sempre “invidiato” ai Poeti la capacita di scegliere le parole giuste per tradurre in versi e trasmettere i loro sentimenti e stati d'animo. Sentire ed evocare, ciò che giace nel profondo dell'anima, farlo conoscere agli altri è concesso a pochi. Ai poeti, appunto. È una qualità innata, un dono divino, che interessa non solo l'ispirazione, ma anche il linguaggio, chenascono da una dimensione profonda e da sensazioni intense. E chi scrive per mestiere sa bene quanto sia impegnativa la ricerca di termini appropriati per una scrittura semplice ed efficace. La poesia veicola i messaggi del poeta al lettore, che, per una sorta di magia, viene stimolato ad indagare nei propri sentimenti, a conoscersi meglio. Sono convinto che almeno una volta nella vita, ognuno di noi si é sentito poeta. E' capitato in momenti di grande innamoramento o di profonda prostrazione a dimostrazione che la poesia, o il tentativo di farla, é legata sempre a stati d'animo particolari, quando non ad una condizione umana duratura. Gioia, dolore, amore, passione, amicizia, tutto ciò che riguarda la sfera intima é fonte a cui il poeta attinge. E non esiste un manuale per imparare a scrivere una poesia; nessuno può insegnare a scriverla perché il germe che la genera é insito nell'animo del poeta. Ho avuto il privilegio di vivere dei momenti importanti affianco di grandi poeti italiani e stranieri, da conduttore, per circa venti anni, dell'Olio della Poesia, grande evento culturale organizzato a Serrano di Carpignano da Peppino Conte, poeta ed operatore culturale salentino. Ho potuto conoscere ed apprezzare da vicino i vari Mario Luzi, Edoardo Sanguineti, Alda Merini, per citare i più grandi, anche grazie ai “quaderni” curati dal critico letterario Antonio Errico e da Massimo Melillo, giornalista e uomo di cultura. Mi hanno aiutato ad “entrare” nel loro mondo, a cogliere le radici della loro poesia e ad appassionarmi a questo genere letterario. Confesso, infatti, di aver letto poco poesia, fino ad allora. Ero rimasto ai poeti studiati al liceo. Sono ancora legato alla figura e al mondo di Giacomo Leopardi, avendone sempre ammirato la chiarezza dell'espressione, il legame con i ricordi di gioventù e con le illusioni giovanili, la vita trascorsa nel borgo natio a cui sono legate le riflessioni sulla fugacità del piacere, anche il più semplice, che si prova prima del “dì di festa”. Del grande Poeta di Recanati mi hanno sempre affascinato l'intensità del pensiero, il suo pessimismo che nasce dalla delusione di non poter vivere una vita gioiosa, la sua costante rivendicazione del diritto alla felicità, che gli manca. Da cavallinese ho sempre amato il nostro Giuseppe De Dominicis. Avevo meno di dieci anni quando fu inaugurato il monumento al Capitano Black in largo Loreto (oggi Piazza Nassirya. Ricordo tutto di quel pomeriggio del 1954. Tanto basterebbe per dire che noi cavallinesi di vecchia generazione, siamo cresciuti nel mito del Poeta, le cui poesie, cito Lu surdatu, La cepuddha, Lu studente e la zitta, il poemetto epico Li Martiri d’Otrantu, fanno parte del bagaglio culturale di ognuno di noi, ed hanno accresciuto il senso di appartenenza alla stessa Comunità del Poeta. Non a caso nel 2016, con alcuni amici, ho costituito a Cavallino il Cenacolo “Amici G. De Domincis”, che si propone di mantenere alta l’attenzione sull’Opera del Capitano Black e farlo conoscere alle nuove generazioni. E con questo obiettivo abbiamo ristampato la Sua ‘Opera omnia’ e cerchiamo di diffonderla. Alcuni anni fa, come dicevo, ho scoperto Alda merini. Mi ha subito affascinato questa sua poesia, che considero tra le più significative: "Sono nata il ventuno a primavera, ma non sapevo che nascere folle, aprire le zolle potesse scatenar tempesta. Così Proserpina lieve vede piovere sulle erbe, sui grossi frumenti gentili e piange sempre la sera. Forse è la sua preghiera". Parole di straordinaria bellezza, ma crude, malinconiche, che considero una sorta di carta d’identità dell’Autrice, perché in questa immagine allegorica vi é tutta la sua vicenda umana, sospesa sempre tra il dolore e la speranza, sentimenti sempre molto presenti nei Poeti. Non a caso il 21 marzo dal 1999 l’Unesco ha proclamato questa data “Giornata Mondiale della Poesia”, prendendo spunto dal compleanno della nostra immensa poetessa. La scelta dell’Unesco dimostra, secondo me, come il linguaggio universale della poesia sia in grado di unire popoli diversi per lingua, cultura e tradizioni. Con la sua arte Alda Merini ha espresso i terribili momenti vissuti in manicomio, ma la poesia le ha premesso di recuperare la propria dignità di donna, dopo anni e anni di indicibili ed immotivate angherie. Possiamo dire, perciò, che la sua vicenda umana insegna, paradossalmente, che a volte una esistenza complessa e dolorosa possa contribuire a rendendoci migliori. Ha scritto qualcuno che « ...La poesia è una grazia, una possibilità di staccarsi per un po’ dalla terra per sognare, volare con la fantasia ed usare le parole per inventare quello che desideriamo, andando oltre la realtà, osservando ciò che vive nel nostro cuore e lasciare un segno che servirà a noi e agli altri». Sottoscrivo.
*(Presidente del Cenacolo "Amici di G. De Dominicis", Presidente del Panathlon Club Lecce e vice Governatore Area 8)