Una delle notizie che negli ultimi giorni ha creato più scalpore è senza dubbio la mattanza di ricciole (Seriola dumerili) compiuta da un peschereccio siciliano nelle acque del Salento. I video sono terribili: centinaia di ricciole di medie dimensioni (7-15 kg) issate a bordo del peschereccio tutte in una volta, con l’equipaggio che festeggia a suon di grida e selfie. Un crimine contro natura, direte voi… ebbene si, lo è!
Un “crimine” comunque legalizzato, poiché la legge non vieta l’utilizzo delle reti a circuizione (tecnica della Cianciola) e non pone limiti alla pesca della ricciola, a parte uno scandaloso limite di misura minima di 60 cm, vale a dire soltanto 3,5-4 Kg di peso per il Carangide (Ricciola) più grande al mondo, il quale può raggiungere i 2 metri di lunghezza per 100 Kg di peso.
Le ricciole giovani, nella maggior parte dei casi, vivono in branchi composti da poche decine fino ad un centinaio di esemplari che si spostano in cerca di cibo e compiono delle migrazioni spesso anche molto lunghe, perciò è un pesce cosiddetto “pelagico” (da mare aperto). Arrivata a maturità, la ricciola si separa dal branco e comincia a trascorrere la sua lunga vita da “colosso” solitario nel mare aperto. Con la sua livrea sfumata di un giallo brillante, la ricciola è tra i pesci pelagici più belli del Mediterraneo, ma anche uno tra i più ricercati dai pescatori, in quanto le sue carni sono eccellenti e si vendono ad un ottimo prezzo.
Proprio dai pescatori sportivi e professionisti del Salento è partita la protesta, pacifica, contro il peschereccio siciliano che ormeggiava nel porto di Santa Maria di Leuca. Decine sono state le chiamate alla Capitaneria di Porto per chiarimenti in merito alle presunte irregolarità compiute dai pescatori siciliani ai danni di sua “maestà” la ricciola, tutte però finite con un doloroso e per certi versi anche scandaloso “è tutto in regola”.
Ormai da molti anni si sta assistendo ad un drammatico spopolamento di massa degli ambienti marini, con stock ittici sempre più limitati a causa di diversi fattori tra cui i cambiamenti climatici, che nel mare si traducono in aumento delle temperature medie delle acque con conseguente diffusione e prolificazione di specie aliene, e soprattutto dalla pesca commerciale effettuata con metodologie distruttive, ma legalizzate, come lo strascico e le reti a circuizione. La rete a circuizione è una lunghissima rete a chiusura meccanica che circonda interi branchi di pesce, come nel caso del peschereccio siciliano di ricciole, i quali vengono attirati con l’utilizzo di potenti luci attrattive. I pesci una volta entrati all’interno dell’area di chiusura della rete non hanno scampo. Da ciò ne deriva un totale sterminio di massa di interi branchi di pesce, con conseguenti danni ambientali di notevoli proporzioni.
Forse è ormai troppo tardi, ma urge prendere provvedimenti e cercare quanto più possibile di limitare queste tecniche distruttive che stanno contribuendo a spopolare gli ambienti marini, in modo da preservare gli habitat e i grandi branchi di pelagici, nella speranza di rivedere rimarginata quella grossa ferita sempre più aperta che affligge il Mare Nostrum ormai da diversi anni.
Francesco Salvatore Chetta
Guida Ambientale Escursionistica AIGAE