Un faro acceso su un sistema di potere antitetico ad uno Stato di diritto che voglia chiamarsi tale. È la cruda analisi che Alessandro Barbano, giornalista, saggista, già direttore del Mattino e attualmente direttore del Corriere dello sport traccia nel suo ultimo libro dal titolo L’inganno. L’antimafia . Usi e soprusi dei professionisti del bene (Marsilio) e che sarà al centro del dibattito che si terrà venerdì 20 gennaio alle 16 a Palazzo De Pietro a Lecce sul tema «Profili critici delle misure di prevenzione e altri cortocircuiti fra Antimafia e garanzie del cittadino». L’incontro, che sarà introdotto dal professor Antonio Tommaso De Mauro, presidente dell’Ordine degli avvocati di Lecce, vedrà la partecipazione del dottor Giuseppe Capoccia, procuratore capo della Repubblica presso il tribunale di Crotone e di Alessandro Barbano, autore del volume. Moderatore sarà l’avvocato Roberto Rella, avvocato del foro di Lecce. Il libro di Barbano sarà poi presentato il giorno successivo, sabato 21 gennaio alle 17,30 nel salone di Liberrima. Con l’autore dialogheranno il magistrato Ercole Aprile e l’avvocato Giovanni Pellegrino. Modera il giornalista Claudio Scamardella. Il volume è un dettagliato e documentato viaggio attraverso le distorsioni e gli abusi del codice antimafia e delle misure di prevenzione spesso applicate in assenza di un giudicato o, addirittura, in costanza di una sentenza di assoluzione. È un universo abbastanza inesplorato quello in cui l’autore scoperchia un velo non solo su drammatiche vicende personali, ma anche sui danni sociali che una misura di prevenzione così strutturata può causare. Aziende floride che vengono sottoposte a sequestro preventivo sulla base di improbabili connessioni con ambienti mafiosi e che quasi sempre arriveranno decotte al termine di interminabili iter dei giudizi di prevenzione con gravi conseguenze sull’occupazione. L’indagine focalizza anche sprechi e incongruità delle gestioni commissariali che determinano i destini delle aziende sequestrate. E una particolare attenzione Barbano dedica al concorso esterno in associazione mafiosa, una fattispecie unica nell’ordinamento del nostro Paese, così come l’ergastolo ostativo, a cui è riservato un intero capitolo. Una misura, quest’ultima, che l’autore sostiene fortemente contraddittoria in quanto legata non alla effettiva pericolosità sociale del soggetto, né alla sua effettiva redenzione o meno, ma, piuttosto al suo collaborazionismo. Le conclusioni che Barbano traccia coincidono appunto con il concetto dell’inganno, non inteso come giudizio morale ma come il fallimento politico di misure che non solo non servono a combattere la mafia ma che finiscono col diventare dei rimedi che provocano più danni del male che vorrebbero combattere.