Storia di una famiglia che interseca le sue radici con quelle degli ulivi secolari e con la produzione di quell’«oro verde», simbolo non solo economico della Puglia e del Salento in particolare. Ma anche racconto, tristissimo e desolante, di quel dramma ecologico e sociale che da dieci anni a questa parte è noto col nome di Xylella. Daniele Rielli ricostruisce e narra, cercando di capire, il killer che sta uccidendo gli ulivi della sua famiglia, ricostruendo le vicende legate all’arrivo in Puglia del batterio che ha causato la più grave epidemia delle piante al mondo. Lo fa con il suo libro Il fuoco invisibile. Storia umana di un disastro naturale (Rizzoli), utilizzando lo stile più immediato e pregnante del romanzo, incalzante e a più voci. Tutto inizia a Gallipoli, quando gli ulivi cominciano a seccare e morire in un modo mai visto prima. Si mette in moto un vortice di avvenimenti che prende velocità fino a diventare inarrestabile. L’ulivo è l’albero simbolo della civiltà mediterranea ed è ritenuto immortale, le piazze si riempiono di manifestanti che protestano contro le misure di contenimento e la magistratura mette sotto accusa gli scienziati che hanno scoperto la malattia: è la tempesta perfetta. Un disastro che, nella fiction del romanzo, è annunciato dal sogno premonitore del nonno dell’autore: «Fu sotto le altre volte della casa di paese che mio nonno, poco prima di morire, raccontò uno strano sogno. Un ulivo di una sua campagna, un grande albero, che si affacciava verso la strada vicinale, era completamente bruciato. Ed era bruciato senza fiamme, come consumato da un fuoco invisibile. Mio nonno lo sapeva come si sanno alle volte le cose nei sogni, con una certezza inspiegabile ma non per questo meno rigorosa: non era stato un normale fuoco ad ucciderlo, ma il risultato era lo stesso». Oggi almeno 21 milioni di ulivi – tra cui molti alberi secolari e millenari, un patrimonio insostituibile – sono morti, è come se l’intera provincia di Lecce fosse stata bruciata da un gigantesco fuoco invisibile. L’epidemia si muove inesorabile verso Nord e rimane aperta una domanda: come è stato possibile? Daniele Rielli segue questa vicenda sin dall’inizio, per anni parla con gli scienziati che studiano il batterio, incontra i negazionisti che non credono alla malattia, ascolta gli agricoltori e i frantoiani che cercano di salvare le loro aziende, studia i documenti, interroga le persone, percorre migliaia di chilometri dentro un territorio che da paradiso terrestre si sta trasformando in un gigantesco cimitero vegetale, perdendo così la sua identità più profonda. Durante questo lungo viaggio Rielli indaga l’antico legame con gli ulivi della sua famiglia, scopre i segreti dell’industria dell’olio, riflette sugli aspetti più paradossali del nostro rapporto con la natura e sull’enorme potere delle storie. Il fuoco invisibile è assieme un romanzo famigliare e il resoconto di un processo alle streghe di Salem nell’era dei social. Daniele Rielli è nato nel 1982 a Bolzano, vive a Roma e ha origini salentine da parte di padre. Laureato in Filosofia, autore di reportage, sceneggiatore e autore teatrale, ha pubblicato Quitaly (In- diana, 2014), Lascia stare la gallina (Bompiani, 2015), in corso di ripubblicazione per Mondadori, Storie dal mondo nuovo (Adelphi, 2016) e Odio (Mondadori, 2020). Realizza reportage narrativi per Il Venerdì di Repubblica, Internazionale e Riders”. Scrive storie per la televisione e il teatro.