Otto epistole inviate a ventitré persone, tra amici e conoscenti, partendo dal concetto di «parola». Sono quelle che Giovanni Paladini ha inviato a uomini e donne di cultura, pensatori, insegnanti, storici, sacerdoti, persone che con la «parola» hanno a che fare, ognuna delle quali ha sviluppato un proprio interventi sull’argomento. Tutti insieme, hanno dato vita al libro Lettere aperte sul nostro tempo (Il Salentino Editore), un testo interessante ed istruttivo, ben amalgamato nello stile e nei contenuti. La parola, dunque, come filo conduttore, che nella società moderna, soprattutto con l’avvento dei social, ha raggiunto una velocità mai toccata prima ma nello stesso tempo sembra essersi svuotata del suo significato primigenio e, cosa ancor più grave, del suo valore e della sua potenza. E su questo l’autore spiega come sia cambiato anche l’uso che si fa della parola: se un tempo, infatti, si usava la parola per esprimere un bisogno, una volontà o per raccontare un fatto, oggi lo si fa principalmente per raccogliere consensi, per vendere qualcosa, per conquistare spazi di potere. Ne nasce oggi un problema di una comunicazione falsa e dannosa, dovuto soprattutto ad un mancato coordinamento tra trasmittente e ricevente. Paladini vuole dunque epurare il concetto di parola da ogni bruttura che oggi lo offusca per ridargli quella bellezza e quella dignità che gli sono consoni e che hanno permesso, nel corso della storia, agli uomini di crescere e di raggiungere l’elevamento delle coscienze. Parole che possono essere salvifiche, possono esse sacre, ma possono anche essere dannose. «La nostra comunicazione – dice l’autore rivolgendosi ai destinatari delle sue epistole - ci ha donato intensa amicizia. […]. Ora vi chiedo se siete tranquilli sul futuro dei nostri figli o dei nostri nipoti, sul futuro di questo nostro pianeta e di questa nostra umanità. Io non lo sono». E sottolinea come l’uso della parola, in modo sano e corretto, abbia generato sentimenti di fratellanza. In tutto questo è la chiave di lettura del libro, esaminata dal punto di vista del suono e del significato. Tutti gli autori si sono cimentati nel discutere di problemi che assillano il mondo di oggi, ecco perché il titolo Lettere aperte sul nostro tempo. Si sono misurati a trovare parole salvifiche, come pace, amore amicizia, educazione, scuola. Diverse le tematiche affrontate, tra le quali la solitudine, riferita soprattutto al periodo del Covid. E poi la natura e l’ambiente. Si tratta dunque di uno spaccato su cinque anni di vita dell’Italia e del mondo in cui ognuno degli autori, secondo le proprie conoscenze ed esperienze, ha affrontato il tema della parola. Il libro finisce con un racconto di Giovanni Paladini dal titolo «C’è ancora futuro», in cui l’autore immagina di incontrarsi con un vecchio saggio che vive da eremita nella zona archeologica di Cavallino, il quale gli dona una speranza sul futuro. Il volume raccoglie gli scritti di Gaetano Arganese, Tina Argentieri, Enzo Barone, Carlo Colonna, Luigi Cucugliato, Luigi De Luca, Franca De Masi, Maria Luisa De Rinaldis, Simone Ferente, Rossana Gabrieli, Rosalba Griesi, Maria Laura Ivagnes, Salvatore Leuzzi, Tiziana Montinaro, Elisa e Paolo Rollo, Marirò Savoia, Gianmarco Sperani, Tiziana Taurino, Carmen Tessitore, Gaetano Tornese, Tina Turco, Antonio Vantaggiato. Il libro sarà presentato venerdì 28 giugno 2024 alle ore 19 nel chiostro dell’ex Convento dei Padri Domenicani a Cavallino. Ad aprire la serata saranno i saluti del sindaco della Città di Cavallino Bruno Ciccarese Gorgoni. Presenteranno il libro Antonella Manca, Dirigente scolastica Liceo «Banzi Bazoli» di Lecce e Carmen Tessitore, divulgatrice culturale. Interverranno gli Autori del libro e Maurizio Mazzotta, prefatore dell’opera. Letture di pagine scelte a cura di Tiziana Montinaro. Conduce il giornalista Ludovico Malorgio.
«Lettere aperte sul nostro tempo», Giovanni Paladini e 23 firme esaminano il nostro tempo
- Giuseppe Pascali
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