Antonio Petrachi, meglio conosciuto come Treble o Lu Professore, membro fondatore dei Sud Sound System, autore e produttore di una mole sconfinata di testi ed artisti lungo una carriera ventennale. Dagli anni '80 ad oggi ha attraversato tutte le "avanguardie" per quanto riguarda l'hip hop, il raggamuffin ed il reggae italiano.

15-5-09 Francesco Aprile intervista Antonio Petrachi, Lu Professore: 

D - Cos’era per lei la musica quando ha iniziato e cos’è ora?

R - Diciamo che la musica l’ho sempre sentita come una cosa importante fin da piccolo, Mia madre mi raccontava che, quand’ero piccolissimo, mi metteva sul letto e, magari, quando non stavo bene mi metteva la radio accanto ed io mi fissavo, anche per ore. E quindi fin da piccolo ho avuto la musica e le canzoni nell’orecchio. Mi sono sempre interessato alla musica, ma anche dal punto di vista del comporla, ascoltavo le prime parole, intorno agli 8, 9 o 10 anni, iniziavo ad ascoltare i testi e già quella cosa che ci fosse della musica e delle parole che qualcuno raccontava a qualcun altro era una cosa che mi affascinava moltissimo. Fin da subito, già a 12 o 13 anni ho iniziato a partecipare a piccoli concorsi di cantautori, io a 12 anni con la chitarra e cantavo le canzonette e così andavo a partecipare ai concorsi. All’epoca ascoltavo molto i cantautori, Guccini, Bennato, De André, anche musica che, quindi, veniva ritenuta impegnata e poi credo che questa cosa sia rimasta in tutta la musica che abbiamo prodotto successivamente, sia con i Sud che ultimamente. Proporre una musica in cui il testo fosse importante quanto la musicalità stessa della canzone. Negli anni ho scoperto che questa cosa non la pensavo solo io e non me la trasmettevano soltanto i cantautori, ma anche altra gente, di cui non capivo le parole, come ad esempio quando ascoltavo rock, gli Who, o il punk, i Sex Pistols, o l’hard rock, non capivo le parole, ma sapevo che aveva un senso lo stesso e quindi ho iniziato a cercare di capire cosa dicevano in inglese. Poi, quando ho iniziato ad ascoltare Bob Marley, perché naturalmente all’inizio come artista reggae era Bob Marley quello che si ascoltava soprattutto, anche dalle nostre parti, tutto il panorama reggae che stava intorno neanche si conosceva perché era Bob Marley che portava in giro la bandiera della Jamaica, e lui diceva “il messaggio è nella musica e la musica è nel messaggio”. Questa frase poi è diventata importantissima per tanti movimenti reggae o hip hop che volevano dire qualcosa con la musica, è diventata una cosa che è così e non può essere diversamente, e questa cosa, naturalmente, già mi affascinava prima, quando, poi, ho capito quella cosa ho detto “Ok, allora ci siamo. È veramente così. Se non è così solo per me che l’ho intuito, mentre altri praticano proprio quella cosa, allora è una cosa importante”, per cui quando ho iniziato a fare musica non soltanto con la chitarra, son diventato più grande ed ho formato le prime band, il mio obiettivo era sempre quello, fare musica che potesse trasmettere un messaggio agli altri. A parte poi la possibilità o meno di diventare famosi, di vivere soltanto con la musica o cose del genere, che poi per un ragazzo giovane son cose che affascinano, per me e per la gente con cui lavoravo la cosa più importante era quella, il messaggio. Da questo punto di vista non è cambiato niente per quanto mi riguarda. Musica e messaggio per me sono sempre state unite. Sentivo che nella musica c’era qualcosa di profondo. Ho sempre cercato d’andare a cercare questo qualcosa perché a me ascoltare la musica era una cosa che mi toccava. E per questo mi veniva da farla, perché mi toccava, e questa la sentivo già come una cosa importante, e sentivo l’esigenza di comunicare qualcosa di mio agli altri; magari una riflessione su quello che succede nel mondo o una riflessione su una storia personale o inquadrare una situazione secondo la mia visione delle cose e vedere se altri potevano avere la mia stessa visione. Sempre il comunicare. Ma comunicare non soltanto col corpo, col fatto che le note ti entrano dentro e arrivano al cuore e ti toccano, ma anche il testo doveva toccare, anche il testo doveva arrivare al cuore. Poi, più avanti, ho sviluppato anche questo pensiero e cioè che quando uno sale su un palco e canta il messaggio che trasmette alle persone dev’essere positivo, altrimenti perché salire su un palco? Sali perché hai la possibilità di raccontare qualcosa a qualcuno e allora non soltanto dev’essere qualcosa con più di un messaggio, ma dev’essere anche qualcosa di positivo. E questa per me è la cosa più importante. Il messaggio nella musica, nei testi, dev’essere sempre positivo altrimenti ti stai arrogando il diritto di parlare a tante persone o di dire con i dischi tante cose a tante persone e che fai? Trasmetti un messaggio negativo? No. Non è assolutamente quella la strada, la musica unisce piace a me, piace a te, piace ad altri la stessa musica e ci sentiamo uniti, ma se addirittura tu sei un appassionato di musica in generale ed io sono un appassionato di musica in generale, anche se i generi sono diversi ci sentiamo uniti perché dici “ama la musica come la amo io” e in generale la musica unisce, ma nel momento in cui divide non è più musica perché non c’è più il messaggio positivo, la musica più non c’è e cade il valore stesso della musica. È come dire il valore della famiglia è quello di avere padre madre figli e stare uniti, il valore della musica è quello di avere amici condividere e stare uniti. Secondo me, se non unisce non è più musica e ha nemmeno un messaggio.

D - Lei ha parlato di sentimenti, storie personali e visione del mondo. Per la musica, secondo lei, sono più importanti emozioni interne e quindi i sentimenti o esterne, tutto ciò che accade attorno a noi? E in che modo convivono questi due aspetti?

R - La musica, secondo me, è un mezzo, perché non può essere un fine fare la musica. Se il fine fosse fare musica sarebbe come dire “salire sul palco, fare soldi, guadagnare ecc…” che poi è una cosa che ci sarà se uno ha una sua capacità artistica particolare ecc…se uno fa la cose bene e buone sicuramente la vita, secondo me, gli riserverà qualcosa di positivo, anche dal punto di vista materiale. Però, in un certo senso attraverso la musica, il mezzo, bisogna migliorare il nostro interno per migliorare poi l’esterno. I mostri li abbiamo dentro, dentro di noi, le paure le abbiamo dentro. Il mondo non è morale, la natura non dice questo è buono e questo no. Una tigre mangia un pulcino, ma per la natura questo non è un qualcosa di cattivo. Questa è la natura, basta. La tigre potrebbe anche accogliere il pulcino come fosse suo figlio. È sempre la natura, sia in una cosa sia nell’atra. I problemi stanno nella nostra interpretazione. Vediamo la tigre, vediamo lo squalo e diciamo “quanto è brutto lo squalo”, ma lo squalo cosa fa, mangia come noi, anzi. Lo squalo è così, fa parte della natura, non pensa, va e mangia ed una volta finito non mangia più. Noi se finiamo di mangiare non ci accontentiamo nemmeno della nostra fame, ci abbuffiamo. Il problema sta nella nostra interpretazione della realtà. Il problema è come noi vediamo l’esterno. Se noi dentro siamo tranquilli sicuramente vedremo le cose in un’altra ottica. Se, invece, noi siamo paranoici in ogni cosa troviamo dei problemi. La musica è, dunque, un’esigenza interna, un mezzo per migliorarci dentro. Liberarsi. Si dice catarsi, liberazione, purificazione. Quando io canto un testo di una cosa che ho vissuto mi sto liberando e mi sto già liberando. Quando una persona sente quella cosa, mi sente cantare quella sensazione e prova la stessa sensazione di liberazione siamo in due che ci siamo liberati. Ho liberato me dentro ed un altro fuori e quindi sto migliorando anche l’esterno. È per questo che quando ci sono le grosse manifestazioni ci va un sacco di gente, per questo motivo, perché anche se non lo riconosciamo più è un momento di liberazione di cui tutti abbiamo necessità e magari se ci metti dei messaggi belli grandi come accade col Primo maggio che c’è la festa dei lavoratori, tutte quelle persone non vanno solo per sentire la musica e, forse, oggi appare che ci vadano solo per sentire Vasco Rossi, però, internamente ricevono un messaggio e lo condividono e l’ascoltano insieme a tante altre persone. Sempre perché la musica è un mezzo per lavorare nell’interno e migliorare l’esterno. Il migliorarsi dentro ti espande verso l’esterno altrimenti vedi sempre l’esterno in contrapposizione con te stesso. Socrate diceva “Conosci te stesso” e quello è un principio della vita. Conosci prima te stesso e poi riesci a conoscere meglio il mondo.

D - Com’è nata l’idea del Treble Studio?

Diciamo che dopo circa 18 anni di attività con i Sud Sound System ho sentito l’esigenza di allargare un po’ il discorso. I Sud Sound System si sono concentrati molto sul loro lavoro, hanno fatto benissimo perché negli anni hanno avuto delle soddisfazioni, oggi anche commerciali, che è giusto perché dopo 20 anni di attività, sbattersi da una parte all’altra per fare concerti, promuovere la musica reggae e cercare di capirne il messaggio, il significato…insomma, dopo tutti questi anni di promozione raggiungere anche un successo commerciale non è altro che il punto di arrivo di una lunga carriera. Questa è stata una cosa ottima, ma quando stavamo arrivando al quel punto, ho sentito che ci si stava concentrando troppo sulla necessità di sentirsi arrivati. Ho sentito che veniva meno la nostra l’intenzione di partenza  che era quello di promuovere quella musica e fare in modo che i ragazzi potessero non soltanto ascoltarla, ma anche praticarla, suonarla. Mi sono reso conto nel corso degli anni che, ad esempio, i ragazzi che ascoltavano i Sud dopo un po’ di anni hanno maturato l’esigenza di suonare, esprimersi cantando, suonando, anche in dialetto, vuoi perché sei attaccato alle radici, un po’ perché puoi comunicare con gli amici e certe cose in dialetto salentino sono musicalmente più belle e mi sono reso conto che prima i ragazzi hanno iniziato ad ascoltare, poi, dopo, la seconda generazione ha iniziato a suonare, poi qualcuno ha iniziato a cantarlo, qualcuno ha iniziato a cantarlo bene e quello che ho notato è che la scuola dei “Sud” ha generato ragazzi che hanno anche le stesse potenzialità dei Sud stessi. Il Salento ha una scena musicale viva che si estrinseca molto bene non solo nel reggae. C’è un fermento musicale nel Salento che lo rende diverso dalle altre parti del mondo. La musica diventa espressione di un popolo, quasi…
Ho deciso di lavorare su questo, sui ragazzi che non hanno avuto la nostra esperienza negli anni, aiutandoli a lavorare dando loro la possibilità di esprimersi, farsi ascoltare, mettere a frutto la mia esperienza per passarla agli altri. Questa è stata l'esigenza. Quello che a me interessa è costruire, per quello che posso,  una valenza artistica nelle persone che ritengo che abbiano queste possibilità. Tenendo presente che siamo Sud, Sud del mondo, e allora l'attenzione verso gli artisti da parte delle amministrazione, della comunità in genere, è abbastanza bassa. Qua si dice "no gli artisti son morti di fame. Cosa vuoi fare, vuoi andare al conservatorio? Cosa ci vai fare? Poi non potrai fare niente. Diventa dottore o avvocato." Ed io queste situazioni le ho vissute sulla mia pelle, ma, in un certo senso, dopo è stata la mia idea a vincere, perché nonostante tutto il Sud, il meridione, i Sud Sound System sono arrivati. E allora a me piacerebbe che gli altri, invece di metterci 20 anni, ne impiegassero 4 o 5. La mia intenzione è che questi ragazzi arrivino, magari, anche a costruirsi una vita artistica. L'artista secondo me è un essere umano un po' particolare. Da un certo punto di vista è avvantagiato perché può avere la possibilità di esprimere se stesso davanti a tanta gente, da un altro punto di vista è svantaggiato proprio perché essendo artista ha una sensibilità umana più sviluppata. L'artista è come se fosse un poeta maledetto, nel senso che dal punto di vista artistico potrebbe dire chissà cosa, ma lo dice perché dentro ha chissà quali mostri di cui vuole liberarsi. Questa cosa nel Salento non viene considerata come una possibilità, un qualcosa che possa diventare un lavoro, espressione della propria vita. Qua si dice "Devi fare il dottore così puoi guadagnare bene" ma dal punto di vista umano, ti stai esprimendo? Ti stai esprimendo quando un medico dedica il suo lavoro ad aiutare gli altri e non soltanto al fatto di tirare un dente e prendersi 400 euro. L'artista lo fa per lavorare, ma già in partenza, grazie alla sensibilità, lo fa per migliorarsi e migliorare gli altri. Poi gli artisti, se sono artisti veri, sono come i profeti, possono portare un messaggio che può essere quasi religioso. È un modo di lavorare per l'umanità molto interessante, ma anche molto utile. La musica quando è positiva migliora tante situazioni. È la musica come valore assoluto a far star bene, come la famiglia come valore assoluto, l'amore come valore assoluto. Voglio far uscir fuori queste cose negli artisti, sia artisticamente, ma anche come possibilità di lavorarci. Voglio fare della musica hobby lavoro e vita. Un progetto di vita in generale. Costruire la propria vita in funzione del messaggio che uno sente di trasmettere quando fa musica. E la stessa cosa cerco di fare con le produzioni. Col Treble Studio do anche la possibilità a chi non ha la possibilità di far uscire un proprio cd ufficiale ed allora il Treble Studio diventa quasi come un curriculum in modo che un artista possa dire "Ho fatto il Treble Studio, ho fatto questo questo ecc..." e poi se artisticamente vale ne farà sempre di più. Il Treble Studio è un concept album. Io ho preso un tema e l'ho consegnato a tutti ed ognuno ha sviluppato quel tema, in un modo o nell'altro. Ed io dico "non dovete scrivere quello che ho scritto io, ma lasciatevi ispirare dalle mie parole". Il tema del Treble Studio dello scorso anno era "Più Amore" e c'è poi tutto il discorso della simbologia orientale, l'ha c'era la tigre e si doveva cercare di combattere contro la tigre dando amore agli altri. Il nuovo si chiama "Il ritmo del drago" perché ho voluto concentrare l'attenzione sul fatto che il sogno e l'ispirazione, e poi anche il talento, vengono dal cielo. Chi ha talento è perché ha un rapporto diretto con l'ispirazione, per questo magari si dice "è sempre ispirato". Il cielo è l'ispirazione e nel cielo c'è il drago che rappresenta, appunto, l'ispirazione ed è l''obiettivo che sembra non terreno perché sta oltre la terra, nel cielo e si fa vedere da chi sta sulla terra. Il drago sta nel cielo e può rappresentare anche la pioggia, allora ho voluto rappresentare il drago nel cielo di Roca Nuova, le rovine di Roca, perché rappresentano un santuario dell'antichità dove la gente dei paesi vicini andava ad incontrarsi ed ancora lo facciamo, perché la gente va ancora a Roca a piedi in pellegrinaggio ad incontrarsi; allora Roca rappresenta la tradizione, le radici, il drago è la fecondità dell'artista ispirato che con la sua arte feconda la terra a cui è legato, senza mai staccare niente. È la voglia di fare in modo che il sogno si possa realizzare sulla terra però contestualizzato al posto in cui si vive. Dunque, io vivo al Sud, l'ispirazione deve fare in modo di farmi migliorare questa terra, in un modo o nell'altro. Partendo magari da qualche riflessioni, magari le pale eoliche, o la nuova fognatura che è andata a distruggere una parte delle antiche mura di Roca e nessuno si è interessato di cambiare il piano e bisognerebbe capire e far capire ai Salentini che la cultura del Salento non esiste da oggi, ma da anni ed anni, secoli e millenni e Roca ne è un simbolo. Ad esempio ci sono cose molto più importanti di quello che la storia ufficiale trasmette. Dei Messapi fino agli anni '60 non se ne parlava. Noi eravamo stati colonizzati dai Romani, basta. Poi, hanno iniziato a scoprire le mura di Roca, megalitiche, precedenti ai romani, ed hanno iniziato a chiedersi "Chi c'era qua?". Hanno scoperto 16 città intere distribuite nel Salento ed hanno iniziato a capire che prima dei romani qua c'era un civiltà. Ed anche in questa edizione del Treble Studio c'è un messaggio contestualizzato al tempo alla terra. E qui gli artisti che hanno pensato al tema dell'ispirazione, all'energia che c'è nell'ispirazione che quando ti prende non la fermi. Nel Treble Studio c'è tutta una simbologia, perché poi ci sarà l'airone, il serpente e poi il leopardo che sono i cinque animali dello Shaolin che è uan disciplina ed una filosofia che mi affascina moltissimo perché parte proprio dal concetto del migliorare l'interno per migliorare l'esterno. Il drago è il cielo, l'ispirazione degli artisti che fecondano questa terra, il Salento, per migliorarla. L'airone sarà il passo successivo, perché con le sue ali spicca il volo e si libera e poi torna sulla terra, così che gli artisti abbiano modo di sviluppare le loro caratteristiche individuali. E c'è la terra e c'è il cielo, e fra la terra e il cielo c'è l'uomo che, comunque, dev'essere sempre legato alla terra. Noi siamo l'elemento che deve congiungere l'immateriale, il cielo, alla materia della terra.

D - A questo punto credo che ci starebbe bene una frase di Antonio Verri dal Pane Sotto la Neve: "A cosa serve poesia dicevi un tempo, a cosa serve il cielo puoi dire adesso".

R - Esatto, è proprio così. Perché Antonio Verri pur non avendo niente a che fare con le discipline orientali è l'esempio di quello che ho detto, perché nei suoi temi ritorna sempre questo concetto. E leggendo di tutto, a 360°, mi sono reso conto che questo è un concetto che ritorna in tutti gli uomini in tutte le culture, in modi diversi, ma il concetto è sempre quello. Se tu vedi anche nella religione cristiana viene detto che l'uomo è l'unione fra il cielo e la terra. È un principio che è così antico che la materialità ce l'ha fatto completamente dimenticare. Ma su queste cose solo gli artisti riescono a ritornare, perché poi gli altri restano concentrati su se stessi. In una poesia possono esserci molti più fatti che nei discorsi di tutti i politici.