Mentre i fedeli cristiani, il 28 marzo del 1997, si apprestavano a pregare il figlio di Dio tradito e crocifisso, nel Canale di Otranto, in un fatidico Venerdì Santo, una nuova, crudele e ingiusta Quaresima stava per compiersi. Le vittime del sacrificio furono un centinaio di albanesi che scappavano da uno stato in piena guerra civile su una piccola motovedetta: la Kater I Rades. La tragica storia è la trama dell’interessante libro “Il naufragio. Morte nel Mediterraneo” scritto da un intrepido giornalista pugliese, Alessandro Leogrande che con lo spirito di un’inchiesta giornalistica ha messo a nudo un evento storico di rilevante importanza. La presentazione del testo è avvenuta in concomitanza con un importante manifestazione che si svolge, non a caso, nella città più ad est d’Italia, l’Alba dei popoli, organizzata dalla città di Otranto. Il recupero della nave affondata a 800 m di profondità è stato il pretesto nonché il geniale motivo di ricavare un’opera d’arte innalzata a monumento della memoria … per non dimenticare.
Insieme alla sublime tecnica della scrittura, impiegata con sagacia dal brillante autore per raccontare una trama del tutto eccezionale, hanno interagito varie arti cioè le opere esposte nel Castello Aragonese e altri punti della città. “L’approdo. Opera all’umanità migrante” è un progetto, curato dallo scultore greco Costas Varotsos e coordinato da Giusi Giaracuni della cooperativa Artemisia, che consiste nella realizzazione di creazioni da parte di 8 artisti che hanno partecipato al workshop in collaborazione con la Biennale dei Giovani artisti d’Europa e del Mediterraneo. Gli autori provengono dall’Egitto, Francia, Montenegro, Cipro, Albania, Siria e dall’Italia l’architetto Raffaela Zizzari che ha presentato l’opera Venti di remi.
Impiegando pietra, legno, gesso, specchi, fotografie si è raccontato la storia di uomini, donne e bambini vittime di un atroce crudeltà ma che è stata fatta apparire come una tragica fatalità. A distanza di anni non si conoscono i nomi di tutti gli innocenti ma le indagini compiute da Leonardo Leone De Castris, sostituto procuratore del Tribunale di Brindisi, hanno permesso di svelare i nomi dei colpevoli pronunciati nel processo che si è concluso nel 2005: Fabrizio Laudadio, comandante della nave Sibilla della Marina Militare Italiana, gli ammiragli Alfeo Battelli e Umberto Guarino che da terra erano in contatto con le navi e Namik Khaferi, pilota della Kater Rades. Nonostante l’omertà, i depistaggi, la manipolazione dei testimoni, la complicità delle autorità albanesi, le prove fotografiche manomesse, il filmato interrotto inspiegabilmente, i fatti andarono in questo modo.
Nel tardo pomeriggio del 28 marzo 1997 una motovedetta costruita dall’URSS cinquant’anni fa, lunga 20 m e larga 2,5 m e che prevedeva il trasporto di soli 8 uomini, partiva da Valona stracarica di profughi. Il viaggio della speranza stava proseguendo quando all’altezza dell’isola Karaburun viene intercettata dalla fregata italiana Zeffiro che le intima di cambiare rotta. Nell’impossibilità di tornare indietro la Kater Rades prosegue il tragitto incontrando la nave italiana Sibilla che si avvicina fino a colpirla provocando la caduta di molti albanesi. Segue un altro colpo ancora più cruente che determina il totale affondo della Kater procurando 57 morti e 24 dispersi. I 34 superstiti raccontano di aver subito l’avvicinamento della nave tale da poter vedere nitidamente gli uomini in tuta mimetica sul ponte della Sibilla, fra questi uno puntava una mitragliatrice mentre un marinaio li fotografa e un pilota li filmava dall’elicottero che volteggiava sopra di loro. Poi il volo nel buio e l’impatto con l’acqua gelida. Non fu una fatalità ma un tragico schianto voluto, premeditato, organizzato, consentito dalla politica italiana che voleva interrompere l’esodo crescente dalle coste albanesi, compiendo una pratica molto utilizzata durante la guerra fredda. Si tratta di harrassment, un’azione di disturbo che non ha consentito l’approdo della salvezza ad alcune vite umane e ora un’azione di recupero della memoria, attraverso l’arte e la scrittura, sta risvegliando le coscienze di coloro che avevano permesso il naufragio dei ricordi ad un’intera nazione.
di Paola Bisconti