
Caballino, castello dei Castromediano, 31 luglio 1637
<<SIGNOR MARCHESE…SIGNORE, MI ASCOLTATE?>>.
Cordulo chiamava il suo padrone cercando di non turbarne l’intimità dei pensieri, ma don Francesco Castromediano sembrava non udirlo. In piedi, davanti alla finestra del salone delle rappresentanze del suo castello, affacciata sullo slargo del borgo, guardava distrattamente fuori, i pensieri rivolti alla giovane moglie morente. Le braccia stese lungo il corpo, i pugni serrati e i denti stretti in atteggiamento di rabbia, don Francesco non riusciva a darsi pace. Lui, che era stato Capitano nell’esercito di re Filippo IV di Spagna, valoroso in battaglia e invitto nei tornei e nelle giostre di Lecce, Gallipoli, Conversano e Bari, era obbligato ad arrendersi alla malattia della consorte. Le nove gravidanze e i parti travagliati avuti in dieci anni di matrimonio avevano spossato il fisico delicato della giovane nobildonna e ora quella preziosa vita si stava lentamente spegnendo a soli ventotto anni. Francesco si chiedeva perché la sua spada nulla potesse contro il male che stava portando via la bella esistenza della marchesa Beatrice Acquaviva d’Aragona. Se solo il destino beffardo che stava per strappargli quella donna amabile, adorata dai caballinesi e compagna di dieci anni di vera felicità, avesse preso sembianze umane, lui l’avrebbe trafitto con una stoccata”.
<<SIGNOR MARCHESE…SIGNORE, MI ASCOLTATE?>>.
Cordulo chiamava il suo padrone cercando di non turbarne l’intimità dei pensieri, ma don Francesco Castromediano sembrava non udirlo. In piedi, davanti alla finestra del salone delle rappresentanze del suo castello, affacciata sullo slargo del borgo, guardava distrattamente fuori, i pensieri rivolti alla giovane moglie morente. Le braccia stese lungo il corpo, i pugni serrati e i denti stretti in atteggiamento di rabbia, don Francesco non riusciva a darsi pace. Lui, che era stato Capitano nell’esercito di re Filippo IV di Spagna, valoroso in battaglia e invitto nei tornei e nelle giostre di Lecce, Gallipoli, Conversano e Bari, era obbligato ad arrendersi alla malattia della consorte. Le nove gravidanze e i parti travagliati avuti in dieci anni di matrimonio avevano spossato il fisico delicato della giovane nobildonna e ora quella preziosa vita si stava lentamente spegnendo a soli ventotto anni. Francesco si chiedeva perché la sua spada nulla potesse contro il male che stava portando via la bella esistenza della marchesa Beatrice Acquaviva d’Aragona. Se solo il destino beffardo che stava per strappargli quella donna amabile, adorata dai caballinesi e compagna di dieci anni di vera felicità, avesse preso sembianze umane, lui l’avrebbe trafitto con una stoccata”.
per leggere la recensione del libro clicca qui
di Paola Bisconti