
Alla base della Pizzica è possibile individuare elementi contraddittori che, allo stesso tempo, sanno farsi complementari. Ed è proprio questo loro esistere allo stesso tempo, in contraddizione, nell’uomo a generare il fenomeno del Tarantismo.
Alla base del fenomeno, la genetica (come genesi e altro ancora da sviluppare, ma non in questa sede) della transe. Uno stato di dissociazione psichica che Jung fa derivare dall'eventuale squilibrio che in un soggetto si viene a creare fra elementi della storia individuale ed elementi appartenenti a quella storia inconscia dell'umanità codificati come archetipi, modelli ideali. Modello che viene identificato come archetipo è, in questo caso, il mito del ragno, che assume in epoche del tutto recenti una doppia connotazione, venendo messo in relazione, spesso, con l'aspetto religioso espresso attraverso la figura di San Paolo. Aspetti contrastanti alla base della crisi che si fa liberatoria nella transe dei tarantati come evento catartico. Proprio come avviene nel brano della tradizione salentina "Santu Paulu" che si conclude con "Ci è taranta lassala ballare/ci è malincunia cacciala fore" a "cacciare" fuori il male di vivere attraverso l'atto del ballo. Ma la ripetizione ossessiva del ballo è strumento stesso per la catarsi e per il raggiungimento della transe come avveniva in Cina, diciotto secoli prima di Cristo, attraverso balli e canti ripetitivi che portavano alla transe, e ancora i profeti di Baal che saltavano per ore attorno all'altare, o l'insistente ripetizione delle nenie da parte dei Druidi fino alle moderne tecniche di ipnosi che dalla ripetizione fissa di alcune parole o alcuni gesti portano alla transe ipnotica provocando una crisi nel soggetto ipnotizzato.
L’animale che contraddistingue tutto ciò è il ragno e nell’analisi di Nocera ci si spinge fino all’estremo, all’origine, realizzando un punto d’unione fra l’Oistros greco e la puntura del ragno che si fa estro, istigazione, possessione ed il ritmo della musica assume un ruolo catartico, liberatorio. Da qui, nasce il valore terapeutico del Tarantismo. Il Ragno/Oistros col suo morso arriva a possedere il corpo, scrive Nocera, «la possessione di un corpo da parte del ragno, sta a rappresentare le difficoltà della vita».
Interessante è la citazione che Nocera fa dal “De Sensu Rerum et Magia” di Tommaso Campanella, Francoforte 1620, in cui Campanella scriveva «I Tarantolati espellono il veleno del ragno attraverso il sudore causato dal ballo, generato, a sua volta, dal ritmo della musica» ad indicare come fosse ormai assunto il potere terapeutico/liberatorio del ballo dei tarantolati.
Ancora Maurizio Nocera da "Il Morso del Ragno" ci fa notare che "Si impossessa - offendendolo (morso e ri-morso) col suo oistros di un corpo di individuo, contrapponendosi inevitabilmente ad una divinità quale era l'Atena del mondo greco e la Minerva nell'antichità. [...] La gente del Salento, in generale, ha una venerazione particolare per la Vergine (Aracne è una giovane vergine) e allo stesso tempo per la Grande Madre (Atena-Minerva è allo stesso tempo la vergine per eccellenza, ma anche una Grande Madre androgina). Probabilmente questa credenza archetipale affonda le sue radici nelle età più remote, fino ad arrivare forse al neolitico e fors'anche al paleolitico salentino. Le Veneri di Parabita (paleolitico) e il pittogramma della Grande Madre Tridattile nella Grotta dei Cervi di Porto Badisco, stanno forse ad indicare qualche origine di questa struttura di credenze tra i locali".


Francesco Aprile