Incanti e disillusioni ne Le giravolte di Lorenzo Antonazzo. È un romanzo corale quello firmato dall’autore classe 1984, lecccese, insegnante, per i tipi di Musicaos Editore, sospeso tra velleità letterarie e sogni di gloria artistica, precariato di amore e di rapporti, con protagonisti che crescono ripensando sé stessi, fino a cercare la radice del proprio passato nella terra di origine. Lorenzo Antonazzo ci racconta Lecce e una generazione, quella che dai trenta anni si avvicina oppure ha appena sorpassato i quaranta, crescendo tra due millenni, a volte girando il mondo in cerca di paradisi non rinvenibili tra le mura domestiche, a volte tornando a casa per cercare di costruire qualcosa di importante, tessendo nuove relazioni e reinventando amori. La bellezza si mescola sempre alla vita grazie ai versi che tra una vicenda e l’altra vanno a costituire il controcanto delle vite raccontate. Così le giravolte dei vicoli in cui le strade e le esistenze potrebbero smarrirsi divengono il simbolo di un romanzo ricco di suggestioni letterarie e musicali, dove il gruppo è un personaggio senziente, che tiene unite con un filo invisibile e indivisibile le storie dei protagonisti. Dal libro: «Sullo schermo compare l’immagine un po’ mossa di un anziano alla guida. «Gira e bota, così è la vita» dice ridendo. «Osce nci sinti e crai nu ci sinti cchiui.». Dal sedile del passeggero, Angela riprende il nonno mentre il paesaggio corre veloce fuori dal finestrino. Gli alberi sfrecciano ai lati dell’autostrada, per un istante l’obiettivo cattura una donna in bikini su una sedia di plastica. Il luccichio del mare tra gli scogli invade l’inquadratura. Il rumore della risacca è presto coperto da quello della scopa di saggina impugnata dal nonno, che spazza le foglie dal cortile di una villetta. I passi di Angela scricchiolano su un manto di aghi di pino in un frastuono di cicale. L’occhio della videocamera si solleva a cercare l’azzurro tra i rami, che vanno fuori fuoco. Stacco. Campo lungo sugli ulivi intorno alla villa. Zoom insistito sul verde e l’argento delle foglie finché l’immagine non si sgrana. Il movimento inverso mostra il moncone dei tronchi, sullo sfondo una sdraio ora esposta a una luce feroce. Silenzio. Tutto ciò che si sente è il motore sommesso dell’auto, che Angela guida in solitudine verso la città». Antonazzo ritiene che il silenzio sia d’obbligo in una biblioteca per ascoltare i libri che parlano fra di loro