
Come da sempre auspicato, gridato, invocato e ripetuto, il Lecce per salvarsi ha poche alternative al percorso di ripartenze strategiche quale modulo principale da adottare.
La partita contro l'Inter lo ha dimostrato categoricamente nonostante la forza dell'avversario e le circostanze oggettivamente precarie in cui i giallorossi si venivano a trovare. Che poi la manovra possa essere verticale e profonda, oppure scambiata e dialogata, sia essa alta, media o bassa, ha poca importanza. Quel che conta è il rispetto delle sue caratteristiche basilari fondate su di una difesa raccolta, densa di uomini ed oltranzista, abbinata a contropiedi fulminei eseguiti con tempismo tecnico, in modo semplice ed efficace.
La rinuncia ad impostazioni velleitarie e ad un gioco arzigogolato, inadatto e pericoloso, tanto caro a mister, dirigenti e fans infatuiti, suoi fedeli sostenitori, rappresenta un obbligo assoluto da cui non si può prescindere.
La corazzata intercontinentale di Antonio Conte è andata a sbatterci contro e nonostante il divario abissale ha rischiato di frantumarsi del tutto.
Stretti in una morsa difensiva, incapaci di liberarsi dei giallorossi disposti a ragnatela asfissiante, con spazi, varchi, marcature e coperture da squadra operaia, Lautaro, Lukaku, Sensi e company, hanno finito per rimediare una figura barbina. Le poche occasioni da gol su entrambi i fronti, con vantaggio dei leccesi che ne sprecano qualcuna in più, valgono a testimoniare l'efficacia di un atteggiamento guardingo, di un gioco pragmatico quanto utile e consono al DNA dei calciatori salentini.
Le due reti di Bastoni prima, su regalo di Deiola e di Mancosu dopo, su distrazione del goleador interista, suggellano un pari salomonico per vicendevoli meriti.
Nel mezzo registriamo i tanti tentativi al cloroformio del complesso milanese in giornata opaca, rilassata, priva di mordente, ed i contrattacchi di Lapadula, Rispoli, Babacar finalmente un po' utile, e del collettivo giallorosso disposto degnamente. I pali e qualche occasione sprecata da Inter e Lecce, come le stesse parate di Gabriel, non cambiano il giudizio di merito alla gara.
La lezione in casa Lecce che proviene da questa partita, oltre ai 5 difensori schierati, alla rinuncia fatidica al trequartista, alla regia affidata finalmente a Petriccione (migliore in 8assoluto), insegna che la strada per la salvezza è solo questa. Liverani ne ha ricevuto la pratica conferma, molto diversa dal suo personale concetto di gioco spettacolare che oltre al fumo ha prodotto tante goleade a rovescio.
Il correggersi intelligentemente vale molto di più dei rinforzi reclamati a voce altissima.