Percorrendo il litorale adriatico che da San Cataldo conduce a S. Foca ci si può fermare presso una delle più importanti zone umide del Salento: "le Cesine". Si può anche giungere attraversando quel che rimane di un’antica strada romana che collegava Lecce al borgo fortificato di Acaya e il secondo tratto che collega il magnifico castello alle Oasi. Sono spazi che palpitano ancora di episodi medievali tra crociate templari e navigli islamici, di umili barche di pescatori e di ulivi millenari un tempo zone incolte e abbandonate. La riserva naturale dello Stato intorno alla Masseria e la cinquecentesca torre che rende il nome al luogo, si estende per circa 620 ettari e rappresenta l’ultimo tratto rimasto dell’immensa palude che si estendeva da Brindisi a Otranto; oggi è caratterizzata da due stagni a ridosso del cordiglio di sabbia che lo separa dall’Adriatico: “ il Pantano Grande” e il “Salapi”.  Località di macchia mediterranea, dove spiccano le querce spinose, le vallonee, i lecci e il pino marittimo, delle canarie e di Aleppo, cipressi, smisurati arbusti di santoreggia, cisto, timo, erica e lentisco canneti e cannucce di palude oltre che formidabili e profumate orchidee.
Di elevato valore naturalistico è il lembo lagunare che accoglie la flora sommersa caratterizzata dalla Ruppia cirrosa e da una serie di micro habitat di varietà esclusive e molte spesso rare, a forte rischio di scomparsa che fanno parte di liste rosse regionali e nazionali come la periploca, l’ipocisto, le campanelle e le orchidee lacustri.
Il territorio che è un sito di migrazioni e letargo ospita delle miriadi di specie di uccelli, come falchi, aironi, cavalieri d’Italia, folaghe, la cicogna nera oppure silenziosi colubrini leopardati e grossi biacchi, rane di Hazzel, Bufi comuni, testuggini palustri, faine e donnole. Fauna che spesso varca il confine del suo rifugio per curiosare intorno, oltre il traffico moderno o tra gli oliveti secolari più che antropizzati.
Le Cesine sono state riconosciute per questo Zone a Protezione Speciale e Sito di Interesse comunitario grazie all’impegno costante dagli anni 70 ad oggi di naturalisti e studiosi.
Impegno ricorrente per quei cittadini felici di passare momenti di riposo al sole primaverile tra lo stormire delle fronde e il canto dissimile degli uccelli quando non sono intimiditi.
Lungo la litorale attraverso San Foca, se si parte da Lecce si può verificare direttamente il repentino cambio di colori e profumi, dal calore del barocco al fresco della pineta degli Alimini e al fascino luminoso di Otranto per risalire il tratto più avvincente del brullo tragitto quello che da Porto Badisco, approdo di Enea e sito d’interesse archeologico conduce alla comunità di Santa Cesarea.  
Attraverso sintonie di suoni balcanici, si giunge a Santa Cesarea e già si respira e si sente forte l’odore del suo mare generoso, brillante e inquieto dall’alto delle sue terme e dei suoi palazzi da mille e una notte. Se s’intende continuare poi per Castro e godere del suo romantico centro storico si è poi tentati di proseguire in direzione della punta più estrema d’Italia presso il Santuario rivolto alla Madonna di Leuca e godere i tramonti strabilianti dove i mari si fondono a siglare una linea con il contrasto delle correnti.
La mia amica viaggiatrice, ammirando cattedrali, torri e castelli mi chiede: ”ma chi ha fatto tutto questo? "Non posso che raccontargli, che la Terra d’Otranto era un tempo agiata e splendida grazie all’influenza culturale di tanti popoli che l’hanno percorsa arricchendola. I Salentini non possono che sorridere raggianti per ciò che si ritrovano e ancora oggi vagano come viandanti meravigliati, portatori naturali di saperi differenti come per chi è venuto a trovarci a cui siamo grati.

di Mimmo Ciccarese