Verrà inaugurata domani, venerdì 22 ottobre, a Marsiglia, la mostra  multimediale “KAOS – Un autre régard: il Salento”, promossa dall’Istituto di Culture Mediterranee della Provincia di Lecce, dal Centro Internazionale di Cooperazione Culturale e dal Comune di Specchia, nell’ambito del progetto “Mediateca multimediale del Mediterraneo”.

Realizzata dai fotografi francesi Christine Coulange e NChan Manoyan, l’ iniziativa è nata grazie alla collaborazione tra il Systeme Friche Theatre di Marsiglia, il Festival Istants Video e la Settimana della Puglia a Marsiglia, promossa dalla Regione Puglia e dal Teatro Pubblico Pugliese.

Coulange e Manoyan, artisti multimediali, non hanno semplicemente “fotografato” il Salento, essi hanno attraversato il paesaggio.  E’ così che, lontano dal reportage realistico e attraverso il gioco dello loro stupore poetico, sono riusciti a svelare aspetti della realtà.

“Kaos”, per le mutazioni in atto, ordine e disordine mischiati tra loro. E’ questo  “l’autre regard” dei due autori, che fa emergere  tutti i paradossi del Salento. Il loro sguardo pone il soggetto fuori dai luoghi comuni e mette in luce un contesto particolare.

Dopo Marsiglia, dove l’allestimento sarà visitabile fino al 13 novembre, la mostra andrà a Roma, nella nuova sede dell’Accademia d’Egitto, fino alla metà di dicembre. Sono in corso contatti, da parte dell’Istituto di Culture Mediterranee della Provincia di Lecce (ICM), con alcuni Istituti italiani all’estero per presentarla anche in altre città.

Così l’autrice Christine Coulange descrive la mostra  che  da domani porterà il Salento a Marsiglia.
“Nel Salento, tallone dell’Italia, ultimo lembo dello stivale di fronte all’Africa, passano i fantasmi possenti della Magna Grecia Salentina. La sua stessa geografia coniuga l’essenza stessa del Mediterraneo; per concentrazione e  riduzione dei succhi, dei segni, dei sapori: la vigna e l’olivo, i peperoncini sulla brace, lo iodio dei miti e l’architettura satura di luce.
Questa terra antichissima si apre oggi alla modernità, alle intrusioni della meccanica, ma anche all’ecologia. Nello spazio reso immobile dal calore, negli strati del tempo, coesistono la memoria delle origini e lo choc delle trasformazioni.  
Contemplare l’Albergo incompiuto: teatro aperto sul mare. La basilica dallo zoccolo bianco, con ornamenti alla De Chirico. La Cappella di Borgo tutta in ghingheri, con la sua sequela di muri rossi. E il dialogo aspro della Torre di Vetro con la Torre di Pietra: due beltà senza contesa , senza rivalità.
Impadronirsi dell’immagine di un’eterna palma coronata da una piattaforma di verde – ma chi nota oggi nel quotidiano questo scettro incongruo?
Ascoltare il silenzio delle rocce a forma di piscina ove si può abitare il mare – un senso di eternità. Comprendere  gli spartiti che danno il ritmo alle immagini: il setaccio delle reti  da pesca, le griglie delle impalcature, le striature in diagonale delle rocce.
Variare i punti di osservazione, sorvolare a volo d’uccello la città e l’ergersi del cemento-scultura della diga. Cambiare di scala per confondersi con le zolle di terra e i lastroni di pietra, sempre più giù fino all’astrazione.
Notare che pascolano insieme le pecore ed i generatori eolici: nuove Georgiche.
Mettere insieme i miracoli di tutti i giorni: plastiche rosa che galleggiano leggere, brandelli di mare dai riflessi bronzei  o delle serre al calare del sole.
Aver voglia di  vedere, vedere tutto in questo spazio ove il disordine -  forse anche grazie alla luce – diventa l’ordine della vita stessa. La bellezza è nell’occhio di colui che guarda: i gesti degli uomini e i riflessi miniati delle farfalle non annullano l’espressionismo delle macchine, la policromia dei rifiuti, la linea chiara dell’Industria.
Lasciar fare alle cose. Lasciare che le cose operino al nostro interno”.