Quando la casa editrice Elèuthera ha proposto all’attore Ascanio Celestini di fare un libro che descrivesse la sua vita ha subito pensato al cantautore Alessio Lega. Così dopo 4 giorni di intense chiacchierate è nato “Incrocio di sguardi. Conversazione su matti, precari, anarchici e altre pecore nere”. Il testo, quindi, presenta in un modo del tutto singolare, come del resto sono gli spettacoli dell’artista romano, la sua biografia ricca di ricordi, aneddoti e tante provocazioni sulla realtà che ci circonda venute fuori grazie all’interlocutore Alessio Lega, l’intellettuale in grado di stuzzicare un grande personaggio come Ascanio Celestini. Entrambi sono attenti osservatori della quotidianità e insieme hanno stilato nel libro un’interpretazione soggettiva dei nostri tempi tanto che sembra di assistere ad uno spettacolo teatrale. Nel testo si ha modo di apprezzare ancora di più uno dei personaggi artistici italiani “sui generis” che racconta gli anni vissuti nella periferia romana intesa come punto prediletto per osservare il resto del mondo ed ecco che lo sguardo poggia sulla politica, sull’amore, sul lavoro, sull’azione, sulla vita. Proprio come fa nei suoi testi il cantautore leccese Alessio Lega che attraverso la musica diffonde un’idea di vita fondata sulla “Resistenza e amore”, titolo del cd, che nel 2004 gli ha consentito di ricevere la targa “Luigi Tenco”. Le sue radici appartengono al Salento ed è partito dal sud per diffondere le idee da militante della poesia caparbiamente convinto di poter cambiare il mondo con la musica. 
 
Nel 2007, quando incise il disco “Zollette”, titolo dedicato a Enzo Baldoni, il giornalista ucciso in Iraq nel 2004, Alessio Lega ci rispose ad alcune domande che noi oggi pubblichiamo.
 
Sei anarchico, quindi. Perché questa scelta?
Non credo tanto che sia una scelta… io credo il destino inevitabile dell’uomo sia resistere alla morte. Ciò che non è morto è naturalmente in rivolta.

La tua anarchia non ti induce ad abbandonare un posto di lavoro da impiegatuccio kafkiano?
Si. La bolletta della luce ha finora vinto qualche battaglia… ma non la guerra!

“Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me”. Kant e il suo imperativo categorico. Come lo commenti?
Con la frase di Léo Ferré “Il problema della morale è che è sempre la morale di qualcun altro”.

Quando componi un testo qual è il tuo stato d’animo: malinconia o pura adrenalina da scaricare in un brano?
Un’estasi controllata. Penso alla gente che amo, che ho amato. Penso a Enzo Baldoni a Dino Frisullo, a Carlo Giuliani, mi accorgo che mi mancano, pur non avendoli mai conosciuti. A volte mi mancano anche Laura o Beatrice o Elena o Isabella. Ho il privilegio di poterne raccontare la storia, di poter fare il loro nome. Così i morti sono meno morti, i vivi meno soli, gli amori meno passeggeri.

La tua musica è libera o fai politica?
Le mie canzoni aspirano ad essere utili nel loro tempo. Belle dopo.

Cos’è per te la politica?

Il contrario della delega: essere politici non fare i politici.

Fabrizio De Andrè, Luigi Tenco, Rino Gaetano, Pierangelo Bertoli sono alcuni cantanti che hanno provocato il panorama musicale fatto solo di canzonette. A chi ti ispiri? C’è un modello che tendi ad emulare?
Tutti questi di cui hai fatto il nome sono per me dei fratelli maggiori… ma è una generazione che per certi versi ci è troppo vicina. Se io mi ci ispirassi direttamente il potenziale di rivolta - mio e loro - ne sarebbe diminuito… allora cerco più indietro, più lateralmente, più verticalmente e scopro Brassens e Brel… scopro Kurt Weill… ci sono ombre che passando hanno fatto più bello l’insondabile fondo della notte. Aspetto assieme a tutti – vivi e morti – che si faccia giorno.

Feurbach parlava di alienazione religiosa: “Dio esiste perché l’uomo proietta le sue forze in un essere soprannaturale”. Tu credi in Dio o nell’uomo?
Più che sulla fede ho impostato la mia vita sulla fiducia. Posso avere fiducia solo negli esseri che si riconoscono delle debolezze, dunque negli uomini.

Vivi di utopia o di progetti?
Progetto utopie vive.

Qual è il più grande rivoluzionario della storia che ammiri di più?
Il mio preferito in assoluto è Bakunin. Però ci sono molte figure, rivoluzionarie nel loro ambiente, che ammiro anche se mi sono molto distanti. Così mi piace molto l’ungherese Imre Nagy, che da comunista combatté i mostri che invadevano l’Ungheria nel ’56. Mi piace molto Che Guevara, anche sulle magliette. In genere mi piace anche chi porta quelle magliette. Stimo molto l’elmetto di Salvador Allende. La radicalità di Lorenzo Milani che con la lettera ai cappellani militari ha scritto il più bel testo antimilitarista: “l’obbedienza non è più una virtù”.

È più difficile cambiare se stessi o l’altro?
Non è difficile cambiare né se stessi, né gli altri… basta innamorarsene.

di Paola Bisconti